Venezuela – Los Roques

Da grandi appassionati di isole, abbiamo deciso questa volta di visitare un piccolo arcipelago al largo di Caracas, di fronte alla coste venezuelane: “LOS ROQUES”. Dopo una approfondita ricerca su internet scegliamo la Posada ” Piano Y Papaia “, contattiamo via e-mail i proprietari, che ci confermano la disponibilità per il periodo da noi scelto. I voli interni sono compresi nel prezzo del soggiorno, ma L’ultimo volo da Caracas per Los Roques è previsto per le 17:00 cosi per evitare di trascorrere li la notte, cerchiamo un volo che arrivi in Venezuela prima delle 16.00 e l’unica compagnia idonea che, tra l’altro, ha un ottima tariffa è la KLM ( € 525,00 a persona ) e cosi il 14 Febbraio 2004 partiamo. L’aereo arriva a Caracas in orario, ma purtroppo le nostre valigie vengono caricate su un volo per Madrid, per questo inconveniente perdiamo più di mezzora all’aeroporto, così oltre alla rabbia per aver smarrito il bagaglio, c’è il rischio di perdere il volo per Los Roques. Dopo aver compilato i moduli di smarrimento, di fretta usciamo dall’aeroporto internazionale, dove ci aspetta un ragazzo inviato dalla posada che fortunatamente in 10 minuti ci porta allo scalo dei voli nazionali.
Qui regna la più completa confusione, ci dicono di cercare “Capitan Lira” ma il problema è dove cercarlo. Un signore addetto alla manutenzione o a chissà che altro, molto gentilmente ci aiuta, e così dopo mezz’ora ecco finalmente arrivare il Capitano che ci fa strada verso un piccolo aereo a 4 posti, ci fa accomodare e di fretta parte alla volta di “Los Roques”. Io sono seduto al posto del secondo pilota, cosi una volta in quota accetto la sua proposta di prendere il timone dell’aereo, indicandomi una piccola striscia di terra che si intravede all’orizzonte. Per fortuna una volta arrivati in prossimità di Grand Roque, l’isola principale dell’arcipelago, riprende lui il timone ed inizia la manovra di atterraggio, la pista è cortissima e priva di illuminazione, per questioni di sicurezza l’ultimo volo quindi deve atterrare prima delle 18:00.
Al nostro arrivo ci aspetta Stefano, un ragazzo italiano che lavora qui da alcuni mesi, e con il quale stringiamo una forte amicizia. Stefano ha viaggiato e lavorato in quasi tutto il mondo facendo esperienze incredibili, un vero mito! ma questa è un’altra storia.
L’isola non è grande ma ha l’aspetto simpatico con le sue case color pastello, ed il dominio della vecchia torre di avvistamento olandese.
Arriviamo, a tramonto inoltrato, in una coloratissima posada “Piano y Papaia”, una vecchia casa di pescatori ristrutturata, qui la notte è veramente buia, cosi ci accontentiamo di un breve giro al centro rimandando alla mattina seguente la conoscenza del mare.
La cena è un momento suggestivo, viene servita su un grande ed unico tavolo di legno, dove sono seduti tutti gli ospiti della posada, in tutto 10 persone, proprietaria compresa.
Dopo cena insieme si decide quale isola visitare il giorno successivo.
L’arcipelago è composto da una miriade di isole ed isolotti, alcuni distanti venti minuti di navigazione ed altri 3 ore. Durante il soggiorno conosciamo “Miguelito”, che con la sua straordinaria disponibilità e conoscenza dei posti ci fa trascorrere giornate straordinarie, visitare ambienti indimenticabili, vedere i paesaggi suggestivi e pescare al “bollentino”, in poco tempo, una gran quantità di pesce.
Come primo giorno scegliamo di visitare “Carasqui”, un’isola a circa un’ora di barca, con una bellissima spiaggia di sabbia bianca ed acqua cristallina. Sull’isola c’è anche un ristorante gestito da pescatori locali che cucinano dell’ottimo pesce ed aragoste a prezzi veramente irrisori, circa 10, 12 Euro a persona comprese le bevande.
Il secondo giorno scegliamo “Cayo Muerto”, una stretta lingua di sabbia in mezzo al mare ad un passo dal reef esterno dell’arcipelago, qui si possono facilmente incontrare razze, squaletti e barracuda, che riescono a farsi largo nella vicinissima barriera.
Malgrado siano tutti posti meravigliosi “Espenqui” è l’isola che più ci incanta. Con piacere immenso dopo un’attenta perlustrazione ci accorgiamo di essere i soli visitatori di questo splendido atollo. Il solo camminare al bordo del bagnasciuga si rileva un’esperienza piacevolmente indimenticabile. L’unico movimento e rumore che si sente è quello dei versi dei pellicani e dei loro tonfi nell’acqua per la ricerca del cibo.Al rientro ci imbattiamo in un temporale che in meno che non si dica crea un’atmosfera da naufragio, molto suggestiva. Il mare si ingrossa di colpo, le onde battono sulla chiglia bagnandoci completamente, la pioggia scende con una forza tale da farci male sulla pelle scoperta e sul viso, per non parlare del cielo, diventato completamente grigio fino a confondersi con il colore del mare oscurando completamente l’orizzonte. Qui capita spesso che nel tardo pomeriggio o in serata piova, per cui meglio attrezzarsi con un k-way .
Un’altra isola che merita di essere visitata è “Francisqui”, molto vicina a “Grand Roque”, appena 10 minuti di barca, ma assolutamente da evitare la domenica e nei giorni festivi, perché viene presa d’assalto dai venezuelani che vengono da Caracas a trascorrere il fine settimana. Vi consigliamo di evitare di raggiungere le isole con le barche charter, perché troppo affollate, anche 20-30 persone, meglio quindi affidarsi a piccole barche di pescatori che con lo stesso prezzo accompagnano 4 massimo 6 persone ovunque si voglia, e che con una navigazione più lenta rendono ancora più suggestiva la traversata. E fu tutti i giorni cosi, ogni giorno un’isola diversa e ogni giorno sensazioni diverse. Fare lunghe camminate sulla sabbia lungo la riva era, più che un richiamo, una necessità fisica. Cercavamo di vivere interiormente le sensazioni che ricevevamo, cercando di fissare nella mente quelle visioni e quei luoghi come se volessimo portarne con noi piccole fette.